Come fare gli tza tza di Lucia Tenzin Bani
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Giugno 2024
Traduzione a cura di Sakyadhita Italia
Le cose in sé non sono il problema –gli oggetti sono innocenti. La difficoltà sta nel nostro afferrarci, nella nostra mente che si aggrappa. Il vero problema è la nostra mente, che si appiglia sempre alle cose e vuole tenerle, si attacca a questo momento, lo vuole lasciare in sospeso, non gli permette di fluire. Ma non possiamo fermare questo trascorrere. Se arginiamo questo fiume, ci ritroveremo nell’acqua stagnante, paludosa e maleodorante. Dobbiamo permettere all’acqua di fluire.
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In generale, non è possibile arrivare troppo in profondità nella meditazione. Scendiamo un po’ e poi riemergiamo. Non preoccupatevi. Dobbiamo permettere a noi stessi di accedere ai livelli più profondi della consapevolezza, che è al di là del pensiero. E’ soltanto l’ego che ha paura, perché questi stati vanno oltre l’ego. In questi stati più profondi non c’è paura, ma prima di entrarvi e rilassarci, l’ego si ribella perché, per l’ego, questo spazio rappresenta la morte. Ma in realtà si tratta del portale di una dimensione di consapevolezza molto più profonda, così non preoccupatevi.
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Normalmente non siamo neppure lontanamente consapevoli di quanto siamo fuori dal controllo. Abbiamo una sorta di maschera civilizzata. Ma nelle nostre menti, nelle nostre fantasie, nei nostri sogni di ogni giorno e nelle nostre reazioni naturali, a volte possiamo chiaramente renderci conto di chi siamo.
Per esempio, le persone qualche volta diventano sciocche quando sono ubriache e molto spesso alcune diventano violente. Quando le persone si ubriacano non corrono immediatamente a fare i volontari di Madre Teresa. Si alterano e colpiscono, perché dentro la loro mente ci sono tutte queste emozioni velenose, non fanno niente per controllarle e spesso nemmeno le affrontano.
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Ci sono delle persone che si prendono disperatamente cura degli animali selvaggi, degli alberi, del nostro ambiente. Questo è meraviglioso. Ma qualche volta queste stesse persone sono rudi con i loro genitori e causano loro molta pena e preoccupazione. Dobbiamo iniziare la nostra pratica da “dove siamo e con chi siamo”. La pratica con i nostri genitori, con i nostri partners, con i nostri figli. Rendiamoli felici. Pratichiamo la gentilezza, la generosità, l’amore, la tolleranza con quelli che sono intorno a noi, con quelli con i quali lavoriamo, con le persone che incontriamo ogni giorno. Cerchiamo di essere gentili con loro, pensiamo che anche loro, come noi, desiderano tutte essere felici. Proviamo a non causare sofferenza a nessuno, tentiamo di rendere le persone un poco più felici. Un sorriso e una parola gentile possono essere di grande aiuto. Smettiamo di essere così assorbiti dal nostro sé. Pensiamo agli altri. Alla fine, quello che vogliamo noi non è realmente importante-
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Il problema con parole come “Natura di Buddha, Anima e Atman” è che queste definizioni tendono a dare l’idea di qualcosa che è separato e unico, l’ultimo Io, piuttosto che l’intero Io, un concetto che è trasceso dalla realizzazione della nostra unità e interdipendenza.
L’idea di un’anima è che questa è “me”, questa è “l’unica parte di me”. Mentre in effetti, l’unica parte di me è vacuità e interdipendenza con tutti gli esseri viventi. Le parole ci possono ingannare, questo è il punto. Ma la genuina esperienza va oltre le parole. Il problema è che noi mettiamo delle etichette sullo spazio. Poi ci crediamo, argomentiamo e dibattiamo su queste classificazioni. Il grande Maestro Dzogchen Karma Chagme dice: <<Qualcuno lo chiama atman, qualcuno lo chiama anatman, ma è solo quello che è. Non facciamo altro che mettere tutti questi nomi su qualcosa che è senza nome>>.
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Sperimentiamo ogni cosa attraverso la mente. Le percezioni sensoriali fluiscono dentro di noi e sono interpretate dalla mente Tutti i nostri sentimenti, emozioni, pensieri, memorie, anticipazioni e fantasie provengono dalla mente. Ma quanta cura ci prendiamo della nostra mente? Supponiamo di avere dei ricettori collegati alla nostra mente, in modo tale che tutti possano sentire quello che pensiamo, come se fosse trasmesso col megafono. Non vorremmo tutti imparare a meditare e a controllare molto rapidamente la mente?