Il sentiero per l’ordinazione Bhiksuni in Bhutan
17 Marzo 2024Le riflessioni quotidiane della Ven. Tenzin Palmo su Instagram (dicembre 2023)
17 Marzo 2024Le riflessioni quotidiane della Ven. Tenzin Palmo su Instagram
Traduzione Sakyadhita Italy
Gennaio 2024
Qualche volta le persone affermano che meditare o fare ritiri è un atteggiamento molto egoista e che bisognerebbe invece agire in aiuto delle persone e non andarsene in ritiro. Bisogna aiutare gli altri, le persone ammalate, quelle che stanno per morire. “Devo veramente aiutare queste povere persone!”. Tuttavia, di fronte a queste asserzioni, qualcuno replica: “Prima di aiutare queste persone dovreste studiare per molti, molti anni, e diventare un dottore”. “No, non posso farlo” rispondete voi, “tutte queste persone hanno bisogno di me, stanno morendo e devo aiutarle”. Prendete una borsa di medicine, un bisturi e correte fuori, con le migliori intenzioni di portare beneficio. Ma, poiché, anche se avete una buona motivazione, non sapete niente, siete ignoranti riguardo alle medicine e alle cause delle malattie, cominciate a dare medicine sbagliate e Dio solo sa che cosa farete con il bisturi, così, alla fine, creerete una miriade di problemi. Mentre, se foste stati più pazienti, studiando in modo appropriato, avreste potuto qualificarvi come dottore o infermiere e sareste stati veramente in grado di portare benefico alle persone.
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Penso che ridere sia estremamente importante. Dico sempre che una delle moltissime qualità di Sua Santità il Dalai Lama è che lui sa come ridere. Anche nelle più importanti e solenni cerimonie, se pensa che una situazione sia divertente o se dimentica qualcosa, egli semplicemente ride. E anche tutti gli altri ridono e a quel punto Sua Santità si concentra nuovamente sul rituale. Questo è di grande beneficio e salutare.
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Nella pratica buddhista, iniziamo a meditare calmando la mente e permettendole una maggiore concentrazione e focalizzazione. Questo stadio di meditazione si chiama Shamatha che significa respirare con pacifica regolarità.
Shamatha non si libera da sé ma richiede uno sforzo: è un livello che prepara la mente allo stadio successivo di profonda intuizione sulla natura della mente. E’ come se qualcuno andasse a fare un’operazione chirurgica senza essersi procurato tutti gli strumenti, affilati e puliti. Chi andrebbe a operare con un bisturi spuntato e arruginito?
Lo stadio successivo di chiara intuizione ci aiuterà a liberare la mente, ma non potrà farlo se la mente non sarà già predisposta. La mente deve essere preparata alla capacità di sviluppare l’intuizione profonda, che veramente trasforma.
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Potremmo avere una piacevole idea di cosa sia la vera felicità e di come ottenerla, tuttavia, molto semplicemente, alla maggiorparte di noi piacerebbe avere anche una sola giornata felice. Così come noi vogliamo una felice giornata, anche gli altri la desiderano. Allora, alla fine, possiamo almeno, nello spazio di un giorno, creare un giorno di felicità per tutti quelli che incontriamo.
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Quando ci riferiamo allo spazio, non possiamo dire: questo è il mio pezzettino di spazio; non possiamo respirare il “mio” pezzettino di spazio. Tutti noi respiriamo la stessa aria in modo molto intimo. Inspiriamo l’aria entro i nostri polmoni; essa nutra tutte le cellule del nostro corpo e a questo punto espiriamo. Condividiamo tutti questo processo.
Gli alberi e le piante respirano anidride carbonica ed espirano ossigeno per aiutarci, affinché la nostra aria sia pura. Così siamo tutti intimamente connessi.
Nello stesso modo anche le nostre menti sono intimamente connesse. Se pensiamo di essere tagliati fuori, ci sentiamo molto soli e molto alienati. Ma questa è solo una nostra percezione e non è vera.
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Quando ero in India e divenni monaca, vivevo in una società costituita da monaci e poi c’erano anche persone laiche. Non ero un monaco e non ero nemmeno una persona laica così, realmente, non appartenevo a nessun posto. All’inizio pensavo che questo fosse il problema.
Negli anni 70, ricordo che, dopo aver superato le montagne, arrivai in un posto chiamato Manali e qualcuno aveva un grande libro nel quale aveva evidenziato articoli differenti sul femminismo. Non avevo mai sentito questa parola prima. Ricordo di essermi seduta lì e di aver letto questi articoli uno dopo l’altro. Fu come aver bevuto e ancora bevuto dopo essere stata in un arido deserto, perché a quel punto riconobbi di non essere più sola. “Sì, è giusto, oh! Giusto! Oh, ok”. Fu una rivelazione sorprendente. Non ero l’unica in quella situazione.
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(Jetsunma Tenzin Palmo in una intervista con Gloria Steinem del Rubin Museum).
Ricordo uno studioso americano che era venuto a studiare per la sua tesi. Non era buddhista e i monaci parlavano con lui per ore e ore tutti i giorni. Io volevo disperatamente comprendere e praticare il buddhismo ma, dal momento che ero una donna, non pensavano che fosse importante insegnarmi.
Parlavano con lui così tanto e lui poi fece la sua tesi e pubblicò un libro e io potei constatare quante informazioni loro gli avessero dato. In un anno lui imparò di più di quanto io riuscii a fare nei 14 anni in cui vissi in quella comunità, benché lui non fosse andato lì perché voleva praticare il buddhismo. Voleva fare solo la sua tesi. Ricordo i miei sentimenti, “Perché?”. Io stavo lì, avevo rinunciato a tutto per il Dharma, eppure i monaci non parlavano con me con la stessa serietà con cui invece avevano parlato con lui.
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e io